Ambiente

La Natura

FLORA

La fascia boschiva vera e propria, intorno ai 500-800 m., è caratterizzata da macchie di castagneti, roveri, carpini e, in minor misura, noccioli, ciliegi selvatici, tigli, ontani, maggiociondoli e faggi. In prossimità dei Monti di Breglia, troviamo uno stupendo lariceto risultato di una riforestazione operata dal Corpo Forestale dello Stato.

Verso i 1000 m è presente la fascia boschiva delle betulle. Le conifere sono presenti in Val Sanagra dove troviamo gli abeti, i pini e, sui dirupi calcarei del Monte Grona, il pino mugo. Fra gli arbusti troviamo il ginepro, il biancospino e il mirtillo.

La ricca flora che colora il sottobosco e i pascoli alpini comprende più di cento generi ed un migliaio di specie fra cui diverse hanno proprietà medicinali e farmacologiche con frutti nutritivi, rinfrescanti, lassativi e calmanti.

FAUNA

Fare una distinzione completa della fauna che vive nel nostro territorio non è impresa facile, pertanto ci limiteremo ad elencare alcune specie fra le più emblematiche.

Fra i mammiferi sono da ricordare: la volpe, la martora, il tasso e il riccio. In Val Sanagra si possono incontrare i cervi, i caprioli, i camosci e i cinghiali. Sul crinale del Bregagno le marmotte.

I volatili, ancora presenti in buon numero, annoverano: il cuculo e il picchio nero, la rondine, le cince, il merlo, il passero, il pettirosso, il fringuello, le ballerine, i corvi imperiali e la coloratissima upupa.vTra i rapaci troviamo: l’aquila reale, il nibbio, la poiana, l’astore, l’allocco e la civetta capogrosso.

Fino a quote alte si possono trovare la vipera comune e il marasso; altri rettili che incontreremo sono: la lucertola, il ramarro e l’orbettino.

La cava del marmo

La cava del marmo è situata alle spalle della frazione Ligomena ed è rimasta in funzione per un periodo di circa 20 anni (dal 1935 al 1955). Il particolare marmo a striature rosse che veniva estratto era chiamato ” fiamma rossa di Plesio”.
La cava è composta da due siti estrattivi: il primo situato a valle, nella zona della cabina ENEL, sulla mulattiera che sale verso la piazza, un sito abbandonato molto presto perché poco remunerativo, in quanto il marmo che veniva estratto era considerato di bassa qualità.
Il secondo sito invece è distante solo poche centinaia di metri, situato a monte, in cui si è estratto il marmo fino a metà degli anni ‘50. I blocchi di marmo venivano tagliati tramite l’utilizzo di cordine in ferro impregnate in una miscela composta da sabbia, per aumentare l’attrito il tutto era mosso da un grosso motore elettrico, che si trovava all’interno della casetta di cui adesso restano solo le rovine. I blocchi di marmo dopo essere stati tagliati e lavorati venivano portati a valle (nei pressi del palazzetto polifunzionale) utilizzando delle grosse slitte in legno; da lì venivano caricate sui camion per proseguire il loro viaggio su strada o in certi casi tramite l’utilizzo di imbarcazioni.
La cava venne definitivamente abbandonata a metà degli anni ‘50: il marmo estratto era considerato non ancora maturo, in quanto era troppo fragile per essere trasformato in lastre. Mentre, il marmo che non era fragile non aveva il caratteristico colore rosso che lo aveva reso famoso. Un ulteriore aggravante era il fatto che la cava, situata in un posto scomodo non raggiungibile dai camion, richiedeva l’utilizzo di molta manodopera rendendo il tutto antieconomico.